Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

La questione Campania
Adda passà ‘a nuttata
Nella battuta finale della celebre commedia di Eduardo le speranze di un’intera regione

di Maria Mezzina

Chiacchiere e tabacchere ‘e legnamme  o banc nunn’ e’ impegna” recita un antico detto napoletano (“chiacchiere e tabacchiere di legno la banca non l’impegna”), immagine efficacissima delle ragioni che hanno portato il Sud e la Campania agli ultimi posti per occupazione, Pil, scuola. Criminalità, corruzione politica, “munnezza” sbattuta in prima pagina e sugli schermi di mezzo mondo, senso di scoraggiamento diffuso, sono solo alcuni dei motivi della “nuttata”.
“Napoli è un argomento senza fine” diceva Guido Piovene nel capitolo sulla Campania del suo Viaggio in Italia, ricorda l’economista Marco Vitale nel libro Viaggio nell’economia campana (Alfredo Giunta Editore, 2008), una ricerca illuminante sulle realtà economiche positive e quelle fallimentari della regione. In Campania è impossibile “scindere l’economia da una visione più organica e complessa che unisca aspetti sociali, politici, istituzionali, culturali”, scrive Vitale. La crisi economica e finanziaria che da oltre oceano ha colpito il Paese e che ha messo in discussione una intera filosofia e un modello di vita fasullo può essere, però, il grimaldello per scardinare abitudini diffuse e vizi atavici. Toccato probabilmente il fondo,non può che iniziare, speriamo, la risalita. Purché si metta da parte la pretesa di voler trovare una soluzione globale ai problemi. Una scusa dietro la quale si nascondono da sempre inettitudine e, peggio, malafede.
Per chi non conosce la Campania e i campani c’è veramente bisogno di un viaggio da quelle parti per rendersi conto di quanto, accanto a mali e vizi secolari e a situazioni di assoluto degrado, siano diffuse nel tessuto sociale e produttivo una ricchezza, una creatività, una operosità impensate che rimangono però ai margini delle notizie. Il declino di una città come Napoli, che solo un secolo e mezzo fa era la più importante città d’Italia e la seconda in Europa per popolazione “va letto non tanto rispetto a un grande passato, ma in relazione ad una potenzialità che resta, in gran parte, irrealizzata ed inespressa” (Vitale, op. cit.).
Creare occupazione è la parola d’ordine per superare la crisi, in Campania come in Italia, in Europa come in America e negli altri continenti. Ma a Napoli la questione dell’occupazione è più urgente, visto che la disoccupazione nella città è un male endemico. “Esistono a Napoli - dice Vitale in un suo scritto inedito, una lunga lettera di Capodanno 2009 agli amici - grandi e generose risorse che attendono solo di essere chiamate a dare una mano, esistono cooperative di giovani di valore, egregiamente condotte da persone per bene, che potrebbero fare molto per migliorare la città, per creare occupazione giovanile, per contribuire ad un nuovo modello di sviluppo della città. [...] A Napoli esistono decine di progetti avanzatissimi, che rispondono a bisogni veri, finanziabilissimi sul mercato, che creerebbero decine di migliaia di posti di lavoro, che non decollano per la corruzione e l’incapacità delle amministrazioni pubbliche comunali e regionali”. Occorre andarle a conoscere queste realtà produttive avanzatissime, così come altre realtà avanzatissime che sono nate dalla crisi della Campania e sono fatte di cittadini e di intere comunità che si sono messi al lavoro, sostenendosi a vicenda, creando reti e risolvendo insieme i problemi.
Certo, amministrare una grande città come Napoli richiede un salto di qualità, un volo di fantasia. Quando sarà il momento di scendere in campo, occorrerà un candidato forte e nuovo. Uno che sappia rompere gli schemi della corruzione complice della criminalità che soffoca il territorio e ne strangola lo sviluppo, e che sappia conquistare il cuore della gente ponendosi lucidamente dalla parte del bene della città e non dalla parte del partito o di chi ha i soldi e comanda.
Marco Vitale, nella sua lettera di capodanno, chiama a candidarsi a sindaco di Napoli Guido Bertolaso. Saprà il 59enne medico romano (che ha occupato ruoli di primissimo piano in Italia e all’estero), o chiunque al suo posto, sganciarsi dall’abbraccio con i partiti e i poteri politici? Saprà farlo con quelli finanziari? Saprà tenere testa alla criminalità organizzata, liberarsi della politica corrotta e tenere sotto controllo la burocrazia connivente? Ma, soprattutto, sarà capace di valorizzare le ricchezze di Napoli e le sue enormi potenzialità? Avrà il coraggio di accettare le sfide e l’umiltà di ricominciare daccapo a ricostruire, scrivendo la parola “fine” su situazioni esplosive, emergenze create ad arte, cercando la collaborazione dei cittadini più che la protezione dei potenti?
A chiunque abbia in animo di accettare la sfida, consigliamo di andare a leggere come Luigi Sturzo, ha governato per 15 anni Caltagirone, la sua città, e quello che fece un altro sindaco, Giorgio La Pira, per Firenze sua città di adozione. Per tutti e due è in atto un processo di beatificazione.
Due sindaci, due santi, due uomini del Sud.

 

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